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La nuova frontiera della professionalità del buyer - Negotiation Manager

La nuova frontiera della professionalità del buyer - Negotiation Manager

Diventare professionisti della negoziazione, non come mero esercizio di potere muscolare ma espressione di una professionalità profonda, non svendibile o facilmente replicabile.

Nelle negoziazioni commerciali il prezzo ricopre spesso un ruolo centrale e talvolta pericolosamente esclusivo. La logica che sottende a questa impostazione è abbastanza evidente, ma il punto è quanto sia ancora sostenibile e, soprattutto, se le regole che governano la negoziazione in generale e commerciale in particolare non siano superate quando, nella realtà, si dimostrano lesive degli interessi di tutte le parti in gioco.

Il punto non è solo formale ma di sostanza, e apre a un ventaglio di riflessioni che coinvolgono il ruolo dei buyer, il ruolo della forza vendita e, in generale, le strategie aziendali. Il tema apre a moltissime considerazioni, che qui volutamente affronteremo necessariamente solo in parte.

Efficienza reale?

Questa disamina affronta il tema dal punto di vista della parte acquirente.

L'obiettivo di generare saving, concetto non sempre coincidente, per non dire quasi mai, con una reale gestione efficiente dei costi, è in alcuni casi dettato da scelte aziendali puramente reattive, orientate al breve periodo e amplificate da situazioni di crisi. La ricerca di un impatto sul conto economico nell'immediato è in grado di tranquillizzare azionisti, analisti e enti creditizi.

Spesso tuttavia, con conseguenze ancora più gravi perché strutturali, alla medesima logica della politica del saving, è improntata l'intera attività dell'area acquisti aziendale, per la quale il mandato prescrittivo diventa il taglio dei costi tout court, ispirato da una vera e propria politica gestionalmente miope del vertice aziendale.

Obiettivi e risultati

L'input e il ruolo affidati alla funzione acquisti diventano dunque strappare ai fornitori i prezzi più bassi, e a tal fine viene orientata la stessa politica interna premiante per stimolare e incentivare il raggiungimento dell'obiettivo. Quali implicazioni ha questa politica del prezzo di acquisto più basso possibile?

Proviamo a considerare quelle più evidenti, non per essere riduttivi e semplicistici, ma per la necessità comunque di dover circoscrivere questa disanima e mantenere al contempo il focus della riflessione. Consideriamo le implicazioni per l'azienda e per i manager degli acquisti, e, poiché l'obiettivo di queste righe non è la ricerca di facili consensi, ma stimolare ripensamenti e innovazioni, si perdonerà dunque qualche provocazione, che auspichiamo possa generare riflessioni proficue.

La miopia del prezzo

La perdita di marginalità è potenziata dalla preponderanza, se non addirittura esclusività, della trattativa sulla variabile prezzo. Il focus quasi ossessivo su questa unica componente impedisce che ne vengano introdotte e negoziate altre con pari o maggiore dignità.

Variabili come aspetti logistici, finanziari, di gestione di campagne di co-marketing, reference sono solo alcune a titolo meramente esemplificativo. Spesso vengono affrontate, ma viene negata a esse la pari dignità della trattativa sul prezzo con la conseguente perdita di opportunità di generare o amplificare valore per tutte le parti intorno al tavolo.

Costi indiretti

Le implicazioni per l'azienda sono essenzialmente tre e riconducibili alla marginalità di medio periodo, alla brand reputation e al reticolo relazionale. "Generare risparmi" questo era l'essenza del mandato che mi disse avere ricevuto qualche tempo fa il direttore acquisti di una nota azienda multinazionale e che egli autonomamente, conscio delle conseguenze, integrò con un "non importa quel che costi".

Al di là della battuta, peraltro efficacissima, la considerazione di fondo è che il saving genera costi indiretti, fuori controllo in quanto non prevedibili, che possono impattare pesantemente nel medio periodo sulla marginalità aziendale.

Un esempio intuitivo, ma non per questo banale, può essere dato da una consistente minore qualità del prodotto acquistato (pura illusione che si possa ottenere la stessa qualità ad un prezzo radicalmente inferiore), che, se percepita dal consumatore, impatterà sul sell out e, fino a casi estremi, sulla reputazione dell'azienda.

Incidenti di percorso

I casi di qualche tempo fa di frode alimentare (per quanto non dimostrata la compromissione reale della salute del consumatore) legati all'uso della carne di cavallo hanno avuto ripercussioni importanti anche sul colosso svedese del mobile fai da te, come distributore di prodotti destinati al consumo alimentare risultati contraffatti e tolti dallo stesso tempestivamente dal mercato.

Tra i costi indiretti è ipotizzabile un impatto sulla reputazione e sulla vendita di alimentari della catena in questione. Va ricordato che, pur essendo evidente una corresponsabilità del produttore, l'attenzione è tutta ovviamente ricaduta sul distributore, all'occhio del consumatore vero garante ultimo della qualità dei prodotti.

In questo quadro non va, infatti, sottovalutato in generale l'aspetto dell'insegna distributrice come garanzia di qualità agli occhi del consumatore, poiché di tale ruolo è la stessa distribuzione che si è vieppiù investita negli anni più recenti.

Relazioni interne ed esterne

Un cenno meritano le implicazioni di una politica incentrata sui saving sulle relazioni interne ed esterne alle aziende. Quelle interne soffrono dello scontro inevitabile tra esigenze di taglio dei prezzi imposte dal vertice e rispetto di requisiti di qualità e tecnici richiesti dai clienti interni.

Dall'altra parte le relazioni con i fornitori, che, se improntate a logiche impositive e muscolari, generano tensioni, inefficienze, perdite di opportunità, ritorsioni e altre meno ovvie e scontate, tra cui il rischio di un minore accesso alle informazioni sul mercato, di cui i fornitori sono spesso comunque uno dei principali e insostituibili veicoli.

Il suggerimento

La strada che vorremmo suggerire di intraprendere è l'evoluzione del ruolo del buyer verso quello di un Negotiation Manager, figura che, al di là dei contenuti tecnici delle singole negoziazioni, ha come obiettivo di ruolo e di sostanza gestire processi negoziali per creare valore e relazioni, patrimonio imprescindibile per le aziende
come per i singoli.

La certificazione della competenza negoziale da una parte e del ruolo specifico di negoziatore dall'altra, resa possibile oggi in Italia da CEPAS, ente nazionale certificatore delle Professionalità e della Formazione, permette ai professionisti di uscire da un loop poco virtuoso di autoreferenzialità, alle aziende di creare un elemento di forte distinzione e al mercato di avere uno strumento in più di garanzia di qualità delle prestazioni professionali.

Questo comporta però anche un cambio di approccio strategico sul versante organizzativo delle aziende: la funzione acquisti deve entrare massicciamente nei board, concorrendo alla definizione delle linee strategiche di business, valorizzando il ruolo della funzione stessa, che non merita di essere marginalizzata a una mera attività generatrice di saving, ma elevata a strumento gestionale che impatti in concreto sulla sostenibilità del business aziendale e sui bilanci delle aziende.

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Domenica, 03 Gennaio 2016. Postato in Soft Skill, Risorse umane, Negoziazione

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