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Dare o non dare fiducia: il dilemma che affrontiamo nel quotidiano

Dare o non dare fiducia: il dilemma che affrontiamo nel quotidiano

La questione della fiducia è un aspetto ricorrente nel corso di una negoziazione, tanto nella sua genesi, quanto durante il suo pieno svolgimento, così come nella fase auspicabile dell’implementazione dell’accordo raggiunto.

La fiducia non riguarda solo la negoziazione, ma l’aspetto più ampio delle relazioni umane.

Anzi, scegliere una modalità relazionale piuttosto che un’altra spesso è proprio una questione di fiducia.
Se mi impongo probabilmente tendo a dare poca fiducia, al contrario se concedo confido nella riconoscenza.

Perché non sveliamo apertamente i nostri bisogni ad un nostro fornitore? Perché di fatto abbiamo paura che se ne approfitti, e, forte delle informazioni che gli abbiamo rivelato, possa ad esempio mentire sulla scarsità di un bene che invece è pienamente disponibile, solo per “pesare” maggiormente.

Perché non condividiamo volentieri un’informazione come per esempio il peso di un nostro cliente sul nostro portafoglio? Ovviamente perché temiamo che se ne approfitti e agisca su questa leva a titolo ritorsivo.

Perché mentiamo o nascondiamo certe informazioni? In generale per il timore dell’uso che gli altri ne possano fare.

Perché, anche raggiunto un accordo, ci resta sempre il dubbio che avrebbe potuto essere migliore? Perché temiamo che i nostri interlocutori si siano in qualche modo avvantaggiati di una nostra debolezza.

La parola partnership nelle relazioni commerciali, e più ampiamente lavorative, che cosa significa? È praticata veramente? Che cosa rende un interlocutore degno della nostra fiducia? Il tradimento ammette il perdono?

A quale prezzo? Quali comportamenti  preventivi poniamo in essere nel quotidiano per evitare  che qualcuno abusi della nostra fiducia? Che parametri utilizziamo per dare o meno fiducia? Esistono relazioni dove l’incognita della fiducia non c’è? Quanto ci condiziona nel quotidiano la paura di dare fiducia?

Il vivere quotidiano è attraversato dal rischio che il dare o non dare fiducia sottende.

La Teoria dei Giochi ha come oggetto proprio il tema della fiducia, dei conflitti e della cooperazione tra entità razionali in un quadro di asimmetria informativa.

Nata dall’intuito geniale di John Von Neuman, matematico, fisico e informatico ungherese di origine ebraiche naturalizzato americano, e di John Nash, la cui esperienza è raccontata mirabilmente nel film con Russel Crowe Beautiful Mind, questa teoria, che trova applicazione in tantissimi campi e difficilmente sintetizzabile viste le sue numerose declinazioni, si fonda su due concetti molto trasversali e semplici: razionalità e fiducia.

Prendiamo il contesto economico. Se gli uomini, nell’atto di fare delle scelte in un quadro di asimmetria informativa come quello in cui viviamo - ossia non sapendo con certezza gli altri “giocatori” che scelte faranno - si lasciassero guidare dai propri interessi in un clima di assoluta razionalità e fiducia reciproca, ottimizzerebbero il risultato delle loro scelte.

Alla luce dell’esperienza, non è così: gli uomini non agiscono razionalmente e non hanno fiducia reciproca, pertanto gli accordi economici sottoscritti non sempre sono i più efficienti possibili.

Si racconta che Nash elaborò questa teoria da studente all’università: per lui e gli amici corteggiare l’unica ragazza bionda tra tante brune era la peggior strategia possibile. Non era certo che la bionda si lasciasse conquistare e, soprattutto, le brune si sarebbero potute irritare, il che avrebbe ridotto la possibilità di una futura relazione con una di loro.

Il dilemma del prigioniero spiega bene l’applicazione della teoria rispetto alle scelte efficienti in assenza di informazioni complete.
Due prigionieri accusati di spaccio sono separati dal giudice, che è convinto siano rei anche di furto di armi, e messi in due celle diverse.
Il giudice offre a entrambi questa opportunità. “Se confessi prendi 1 anno, ma se neghi e l’altro confessa tu prendi 10 anni e lui 1, se tutti e due confessate prendete 3 anni, se entrambi negate non verrete imputati per furto”.

Un comportamento razionale vorrebbe che entrambi negassero, ma l’esperienza empirica dimostra che non lo faranno: non fidandosi l’uno dell’altro entrambi confessano, scelta non ottimale ma di fatto razionale, perché fondata sul rischio minore in assenza di informazioni precise sulle scelte dell’altro.

La negoziazione non consente di eliminare il rischio correlato alla fiducia che forse, come tale, non dovrebbe essere mai condizionata. Applicabile in presenza quantomeno di flussi minimi di comunicazione, per quanto asimmetrica, la negoziazione, attraverso il meccanismo di una prudente fiducia condizionata, permette, se non di eliminare, certamente di ridurre molto il rischio di non vedersi ripagare gesti di generosità.

Il meccanismo è molto semplice e si riassume in 4 parole “ Se tu…allora io”: a fronte di X da parte tua sarò ben lieto di darti Y . Non ti dico di No e non ti dico di Sì, ma ti darò ciò che mi chiedi alle mie condizioni, cercando di valorizzare una attività di scambio a beneficio di tutti. D’altronde il No sarebbe una modalità puramente impositiva e non certo espressione di particolari capacità, il Sì potrebbe anche generare maggior avidità e non comprensione del valore che si sta ricevendo, alimentando così nuove richieste. Dire di Sì alle nostre condizioni, chiedendo qualcosa che per noi abbia valore e poco o assenza di costo per gli altri e viceversa, è un meccanismo virtuoso sia in termini di valore generato sia di assetto relazionale che si viene a creare.

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Mercoledì, 09 Marzo 2016. Postato in Soft Skill, Leadership, Risorse umane

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