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Salute e sicurezza sul lavoro, il ruolo della formazione

Salute e sicurezza sul lavoro, il ruolo della formazione

Dai manager agli operatori, l’impianto normativo è efficace solo si vi è chiara consapevolezza dei rischi e dei comportamenti virtuosi da porre in essere

Articolo a firma Yannick Jarlaud, Direttore Commerciale e Marketing Ayming, HR performance Business Line

Articolo a firma di Giuditta Villa, Director Southern Europe HR performance di Ayming

I termini sicurezza e salute, abbinati alla realtà lavorativa, hanno due significati ben distinti, e testimoniano ancora oggi l’evoluzione culturale e normativa che ha accompagnato l’Europa e l’Italia dalla fine dell’Ottocento ad oggi, e che vale la pena di accennare brevemente.

È interessante infatti notare, come inizialmente gli incidenti sul lavoro fossero considerati fattori inevitabili legati all’uso delle macchine. I passaggi che hanno condotto a occuparsi del benessere (oggi anche psicologico) delle persone non vennero per esempio avviati subito, in quanto la materia era molto ampia e in continuo divenire (il passaggio dalla società agricola a quella industriale segnò un’epoca) e tantissime erano le condizioni da sanare. Si pensi che il legislatore si trovò - tra le altre cose - a porre paletti sulle condizioni lavorative dei “fanciulli” nelle cave e miniere, per proteggerli da turni massacranti (il tetto fu stabilito a 11 ore; era il 1902).

L’Italia non ancora repubblicana iniziò a decretare l’esistenza dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e la responsabilità oggettiva del datore di lavoro. Anche il Codice Penale e successivamente quello Civile e la Costituzione si occuparono di tutela della salute del lavoratore: l’impianto - come si può notare - era nativamente molto solido. Mentre l’industrializzazione correva, si andavano per fortuna allargando anche le norme che via via l’Europa, ormai costituitasi, andava promulgando. Oggi, per esempio, anche la famosa legge italiana 626/1994 è stata superata dal D. Lgs. 81/2008 Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro e dai suoi 13 titoli, nonché aggiornamenti recenti.

Come si protegge la salute?

Alla fine degli anni Ottanta in Italia si inizia a parlare con forza di salute sul lavoro, slegando il tema dall’incidente, e allargando l’ambito alla prevenzione delle “malattie professionali”. La distinzione non è per niente sottile: un conto è subire un incidente sul posto di lavoro, un conto è soffrire di una patologia che compare nel tempo, a causa del lavoro che viene svolto. Con il passare degli anni, inoltre, ci si è accorti che non ci si poteva accontentare di mappare le malattie fisiche professionali: anche le malattie psicologiche sono presenti nei luoghi di lavoro (si pensi allo stress o al burn-out), e possono provocare rischi e generare costi.

Posto che la legge - italiana ed europea - indica con elevata precisione come proteggere i lavoratori (per quanto riguarda i luoghi, l’uso delle attrezzature, la segnaletica di sicurezza, la movimentazione manuale dei carichi, le sostanze pericolose e così via) molto spesso ci si trova di fronte a realtà che trattano il tema con una certa leggerezza: alcune aziende, per esempio quelle chimiche, sono molto attente e preparate, perché il pericolo presente è ben riconosciuto. Altre aziende, invece, non pretendono che i lavoratori indossino gli occhiali e le scarpe a norma, come dovrebbe essere.

Le piccole aziende spesso non investono budget per la formazione sulla sicurezza. Altre ancora sanno che reali controlli nei Paesi europei non verranno mai effettuati. Le aziende più lungimiranti, e anche di più grande dimensione, investono in salute e sicurezza dei propri dipendenti con più assiduità, consapevoli che questo contribuisce a migliorare la qualità sul posto di lavoro e che, nel lungo periodo, si genererà anche un risparmio, perché gli incidenti hanno un costo sociale e aziendale molto rilevante.

A chi spetta la formazione?

La salute e la sicurezza sul lavoro non sono, oggi, compito da affidare solamente ai datori di lavoro: anche i rappresentanti dei lavoratori e i lavoratori stessi sono chiamati a preoccuparsi della sicurezza propria e dei colleghi. Certo la figura apicale resta la fonte primaria di stimolo e quella che fornisce l’indirizzo a tutti gli altri. È però necessario andare oltre: la formazione in merito alla salute e sicurezza sul lavoro deve partire direttamente dallo Stato, dunque dalle scuole, che potrebbero sensibilizzare le figure dei nuovi manager su questo delicato tema. Inoltre, onde evitare difformità di trattamento da Paese a Paese, sarebbe necessario che si arrivasse a un’unica normativa di riferimento a livello europeo.

Il ruolo dei manager e l’importanza della consapevolezza

Un conto è la formazione, un conto è la sua attuazione: il solo modo per trasformare sicurezza e salute sul lavoro in comportamenti virtuosi attuati ogni giorno è dotare l’azienda di una puntuale organizzazione. Se a non far seguire le regole base per evitare gli incidenti sul lavoro sono i manager, tutto il teorema cade. Ecco perché i primi a dover essere formati sono proprio i manager. Successivamente, occorre avviare iniziative di sensibilizzazione di tutto il personale, che deve sentirsi responsabile della propria e altrui sicurezza. Il legame manager-personale non va sottovalutato, in quanto perno di un’efficace politica di salute e sicurezza sul posto di lavoro.

La responsabilità di avviare la trasformazione appartiene in primo luogo al top management, che deve fornire un modello attivo e tangibile di rinnovamento dei comportamenti. L’obiettivo della salute e sicurezza al lavoro si fonda sull’assimilazione di comportamenti consapevoli ed efficaci, aumentando il tasso di benessere: oggi, è questa la sfida primaria per il management di ogni azienda.

La sicurezza resta il tema più drammatico e urgente del mondo del lavoro italiano. Un ambiente di lavoro sicuro non implica solo l’applicazione di precetti e la predisposizione di strumenti e controlli accurati, ma un cambiamento radicale di mentalità, che permetta la corretta analisi e la prevenzione dei rischi a tutti i livelli.

Ogni qualvolta, purtroppo, si verifica un incidente, si parla di “disattenzione”, ma in modo improprio. La disattenzione, infatti, è generata da una serie di aspetti che ruotano attorno a un certo comportamento, o a una certa abitudine. C’è un esempio molto calzante: l’uso del casco di protezione. Il lavoratore può trovarsi a operare in un’azienda nella quale è assolutamente obbligatorio - così ha precisato il manager il primo giorno di lavoro - indossare la protezione, pena severe sanzioni. Oppure può trovarsi - a parità di obbligo di legge - in un posto in cui nessun collega indossa il copricapo. Come comportarsi? Essere ligio e mettere il casco, perché è importante per la sua salute, oppure fare come tutti gli altri? Ebbene, se il lavoratore si trova di fronte a un dilemma del genere, significa che molto ancora deve essere fatto, in tema di formazione e informazione su salute e sicurezza sul lavoro.

Se le regole scritte - per esempio ben applicate nei Paesi del Nord - rimangono lettera morta in quelli del Sud Europa, è necessario porre in essere strategie che si dedichino alla formazione sia dei manager sia dei lavoratori, in modo che questi ultimi siano responsabilizzati e prendano coscienza del proprio ruolo e dei comportamenti virtuosi che allontanano il rischio di incidente. Le giovani generazioni sono già allineate e più attente al tema, e considerano più “naturale” sottostare alle regole di protezione e sicurezza; un lavoro più puntuale deve essere invece svolto con gli operatori adulti o che si avviano a fine carriera.

La parola d’ordine quindi è “formare tutti, a qualsiasi livello”. Siamo ancora indietro, rispetto agli investimenti in formazione sul tema. Le aziende spendono poco e pensano in questo modo di risparmiare, ma non hanno idea di quanto costerà loro un eventuale incidente. Per lo più in questa categoria rientrano le aziende di piccole dimensioni, che hanno meno budget e meno attenzione per queste tematiche, e dunque minor coscienza del problema. A loro bisogna far comprendere che la salute sul lavoro è importante, anche per lo sviluppo dell’azienda stessa.


Un’ultima nota: nel 2015, l’Inail ha registrato 637 mila denunce di infortunio. Il numero è in diminuzione rispetto al passato (-4% rispetto al 2014 e -22% rispetto al 2011). Le denunce di malattia sono invece state circa 59 mila (1.500 in più rispetto al 2014), con un aumento di circa il 24% rispetto al 2011. Il percorso verso la protezione dei lavoratori è avviato, ma certamente non giunto al termine.

Venerdì, 03 Marzo 2017. Postato in Risorse umane, Soft Skill, Risorse umane

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