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La rete e la trasformazione del lavoro

La rete e la trasformazione del lavoro

Nel nostro primo articolo pubblicato a giugno 2015, indicammo l’intreccio tra le persone, le organizzazioni e l’attuale transizione digitale come il focus al quale volevamo dedicarci.

Un viaggio alla scoperta di cosa sta cambiando e di cosa dovrebbe cambiare all’interno delle aziende alla luce dell’attuale crisi, non completamente superata, e delle innovazioni determinate dall’evoluzione/trasformazione digitale. Un approfondimento per scoprire gli aspetti positivi e le aree di criticità che investono il ruolo e la formazione delle persone e che il management di ogni organizzazione deve assolutamente "gestire" per riuscire a sopravvivere nell'attuale contesto competitivo.

In ogni analisi degna di questo nome, apparsa negli ultimi anni, si delineano due aspetti chiave di questa trasformazione: da una parte la trasformazione della domanda, dall’altra la trasformazione dell’offerta, anche per quanto riguarda il mercato del lavoro.

Su quest’ultima trasformazione vogliamo ora soffermarci.

L’interazione dei tre elementi indicati nella figura, ha determinato, nel bene o nel male a seconda dei punti di vista, un significativo cambiamento nel mercato del lavoro: la figura del freelance sta assumendo un peso sempre più rilevante.

In Italia e all’estero sono in aumento le aziende che impiegano stabilmente risorse esterne per mansioni specifiche e continuative e non solo per fronteggiare "picchi" di lavoro.

I freelance sono risorse specializzate nel proprio settore di competenza, elementi sempre più importanti per far fronte alle esigenze aziendali su progetti a breve o medio termine; il più delle volte sono figure di alto profilo, di grande qualità e a "prezzi" competitivi che le aziende possono "ingaggiare" a seconda delle proprie necessità.

Uno studio condotto da Littler Mendelson, il più noto studio di avvocati specializzati in controversie di lavoro degli Stati Uniti, stima che la domanda di lavoro sarà costituita, dopo la recessione, per il 50% da alternative labour arrangements, ovvero da forme di contratto “non standard” e da lavoratori autonomi.

"We are the workforce of the future", siamo i lavoratori del futuro! Questo è lo slogan della Freelancers Union, la più grande associazione al mondo di lavoratori indipendenti, nata nel 1995 nello Stato di New York e forte oggi di più di 150.000 iscritti.

In Europa questa realtà lavorativa è presente da poco tempo, ma si prevede uno sviluppo simile anche per il vecchio continente e, in particolare, per l’Italia.

Nel 2005 un report di McKinsey Global Institute, indicava nell’11% i lavori nel settore servizi, a livello globale, che potevano essere svolti da remoto (Part I: The emerging global labor market: The demand for offshore talent in services). Oggi, tale percentuale è sicuramente più alta.

I freelance crescono e con loro l’attenzione che Internet riserva come sempre alle tendenze emergenti: il Web è l’ambiente dove i nuovi lavoratori della conoscenza possono trovare un habitat plasmabile, oltre a nuove aree di scambio dove offrire la propria professionalità.

L’hanno capito i venture capital che vedono nel segmento dei freelance un potenziale enorme per sviluppare servizi e piazze telematiche di brokeraggio del lavoro indipendente: sono così nati vari portali dedicati all’incontro tra professionisti e aziende (Thumbtack, Upwork, Freelancer, Maven; solo per citarne alcuni).

L’approccio dei portali è diversificato: alcuni forniscono piattaforme applicative in cui loggarsi per assicurare lo svolgimento effettivo del lavoro e pagano prevalentemente “a ore”; altri intermediano soltanto i contatti.

Tutti, però, gestiscono le transazioni e prevedono fee per l’uso dei servizi di intermediazione: il loro business nasce da qui.

Mentre in una fase iniziale le proposte di lavoro riguardavano esclusivamente progetti IT di sviluppo software, grafica o design di servizi Web, oggi si fanno largo anche progetti per l’area mobile, il sales & marketing o il supporto alle attività amministrative e arrivano le prime richieste anche nel segmento della consulenza legale o del planning finanziario.

Secondo Geoffrey Moore (autore di «Crossing the Chasm») la transizione verso la prospettiva post-industriale ha effetti non solo sui modelli di business, con la nascita dell’on demand economy, ma sulla natura dell’azienda stessa.

Come sempre ogni medaglia ha sempre due facce e anche nel caso di queste nuove forme di lavoro esistono vantaggi ma anche rischi: certo più opportunità di lavoro, ma anche guerre sui prezzi, mark-up sui servizi e spesso riduzione del lavoro autonomo a cottimo, rischio moderno del knowledge working che aprirà forse la stagione di un nuovo taylorismo telematico.

In un intervento su Re/Code Marina Gorbis esamina la questione e spiega che se è vero che dobbiamo garantire che questa nuova categoria di lavoratori goda di salari equi e dei benefici del welfare, è però importante che questi stessi benefici siano adattati alle nuove realtà del lavoro.

Secondo lei: «Ora è il momento di intensificare la più grande attività di progettazione che il mondo abbia mai intrapreso: ripensare il futuro del lavoro stesso dal punto di vista delle persone che lavorano».

In un recente paper «Regulation the internet way», Nick Grossman ha spiegato il contesto e il cambiamento di prospettiva che l’emergere di queste nuove piattaforme digitali richiede a chi si occupa di policy making.

Mentre nell’approccio 1.0 alla regolamentazione, quello che le nostre istituzioni amministrative di stampo fordista sono abituate a utilizzare, ci si basa secondo Grossman sull’ «ottieni il nostro permesso e poi fai», nella regolamentazione 2.0 il punto di vista è totalmente differente e si basa su un più permissivo «innova pure, noi tracceremo la maniera in cui ti comporti e, nel caso in cui ti comporti male, la tua reputazione sarà impattata».

E ora prepariamoci alla regolamentazione 3.0!!

Federico Castelletti Cazzato & Nicola Longo

www.skillsmanagement.it

Venerdì, 12 Febbraio 2016. Postato in Risorse umane, Soft Skill, Risorse umane

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