Il machine learning è ora di moda, e riteniamo utile chiarire la differenza con i modelli statistici tradizionali applicati alla pianificazione logistica.
Entrambe le tecnologie aiutano a comprendere meglio i dati, e sono classificate come analitiche, ma hanno due approcci differenti. Se ne comprendiamo la differenza, vediamo che sono complementari. E dal momento che sono complementari, vediamo che l’approccio ideale è quello di combinarle insieme in modo da potenziarle entrambe.
I modelli statistici tradizionali esistono da anni, e precedono i computer. Si basano su piccoli campioni di dati con i quali fanno assunzioni a priori, cioè “derivate dal ragionamento a partire da proposizioni autoevidenti”. Pertanto, la tradizionale analisi statistica delle previsioni di domanda è pre-programmata con la “proposizione autoevidente” che i periodi di domanda passati siano un buon indicatore di previsione per la domanda nei periodi futuri.
Pertanto, i modelli statistici tradizionali riguardano l’analisi e la sintesi di dati, e sono adatti per l’elaborazione di quantità minori di dati lineari e ripetibili allo scopo di trovare una soluzione. Si rivelano molto utili in contesti in cui i dati, e le relazioni tra essi, sono relativamente stabili. Rappresentano ancora di gran lunga la metodologia più comunemente usata e continuano a essere utile per le previsioni di vendita a medio-lungo termine basate sulla storia delle vendite precedenti, dove poche centinaia o meno di dati possono generare previsioni ragionevoli.
Negli ultimi anni sono però cambiate tre cose: la disponibilità di nuovi dati, la disponibilità di una potenza di calcolo sempre più economica e veloce, e la crescente volatilità della domanda causata dall’aumentata influenza dei fattori che la influenzano, come l’introduzione di nuovi prodotti, i social media e le promozioni commerciali. L’aumento della volatilità della domanda ha creato la necessità di nuove tecniche di previsione della domanda. I nuovi strumenti che permettono di trattare una grande mole di dati offrono la possibilità di affrontarla.
Il machine learning si fonda sulla disponibilità di grandi moli di dati e sulla potenza di calcolo. Piuttosto che fare ipotesi a priori, il machine learning consente al sistema di apprendere dai dati. Piuttosto che seguire algoritmi pre-programmati, utilizza i dati per costruire e perfezionare in maniera continua un modello per fare previsioni. Contribuisce a comprendere la volatilità della domanda rilevando e modellando gli attributi che definiscono il profilo della domanda. Impara dai dati e modifica i processi di conseguenza.
Ad esempio, un sistema di machine learning applicato all’analisi di dati su nuovi prodotti, provenienti dal web, è in grado di apprendere quali indicatori di domanda (come pagine visitate, download, tempo sul sito…) sono più affidabili, e può anche aggiornare il modello al variare del comportamento dei consumatori. Questo consente alle aziende di sfruttare i dati generati “vicino” al cliente, come nei punti vendita o sui canali social.
Ecco perché il machine learning è diventato un tema caldo nella pianificazione della supply chain. In un contesto in cui la volatilità della domanda è il problema principale, può essere estremamente difficile creare una buona previsione. Ma con un volume di dati in continua evoluzione che fluiscono lungo la catena, il machine learning “funziona straordinariamente bene, e migliorerà ancora, macinando incessantemente qualsiasi quantità di dati in ogni combinazione di variabili”, afferma McKinsey & Company in un recente articolo nel quale affronta il tema dei riapprovvigionamenti nel settore retail.
Il machine learning può anche prevedere la domanda non solo sulla base dei dati storici di vendita, ma anche tenendo conto di “altri parametri determinanti: fattori interni come campagne pubblicitarie o orari di apertura dei negozi, e fattori esterni come il tempo atmosferico o le feste nazionali”, aggiunge McKinsey . Ad esempio, con la sua capacità di calcolo molto dettagliata, i rivenditori possono determinare l’effetto di ciascun parametro su ogni SKU in ogni negozio (e in ogni centro di distribuzione, se necessario), su base giornaliera.
Un altro modo di pensare alla differenza tra i due approcci è quello di considerare il machine learning come l’impiego del ragionamento induttivo, mentre i modelli statistici tradizionali impiegano ragionamenti deduttivi. Per meglio illustrare la differenza, ricordiamo un passaggio tratto da un famoso libro, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, in cui l’autore Robert M. Pirsig ricorre alla diagnosi dei problemi della sua motocicletta per spiegare la differenza:
“Si usano due tipi di logica: la logica induttiva e la logica deduttiva. La prima parte dall’osservazione della macchina per arrivare a conclusioni generali. Per esempio: la moto supera una serie di cunette e ogni volta il motore perde colpi. Su un tratto di strada liscio corre senza perdere colpi, poi supera un’altra cunetta e il motore perde di nuovo colpi. Qui si può concludere logicamente che la perdita di colpi è causata dalle cunette. La deduzione segue il processo inverso, ovvero parte da una conoscenza generale per prevedere un’osservazione specifica. Per esempio, se chi lavora sulla moto ha letto la descrizione gerarchica della struttura della moto stessa e sa che il clacson è alimentato esclusivamente dalla batteria, può dedurre logicamente che se la batteria è scarica il clacson non funzionerà. Questa è una deduzione.”
In un contesto multicanale/multilivello, la capacità di consumare e sfruttare quantità sempre crescenti di dati favorisce chiaramente l’adozione di modelli basati sull’apprendimento automatico sempre più spesso, per rilevare la domanda in tempo reale e adattare la supply chain in modo che possa rispondere in maniera reattiva ai bisogni dei consumatori. Le tecniche statistiche legate alla deduzione a priori non sono in grado di trarre informazioni utili da questi dati. Il machine learning può, e in maniera altamente automatizzata. Questo inoltre permette ai pianificatori di concentrarsi solo sulla gestione delle eccezioni, e di contribuire così con un importante valore aggiunto grazie alla loro conoscenza del business.
Ma poiché sono complementari, l’approccio ideale è combinare le due tecnologie in un modo da sfruttare i punti di forza di entrambe. Per le previsioni a lungo termine, i modelli di domanda statistici e stocastici possono fare un buon lavoro, acquisendo tendenze e stagionalità. Quando cerchiamo di spiegare le variazioni a breve termine o di ottenere risultati analizzando molte fonti di dati, il machine learning offre un vantaggio unico. Questi dati possono provenire da promozioni, lanci di nuovi prodotti, social listening, modelli atmosferici o addirittura IoT.
E la migliore combinazione è avere entrambe le tecnologie integrate in un software per la pianificazione e l’ottimizzazione della supply chain, in grado di lavorare insieme senza soluzione di continuità e in maniera automatica, garantendo agli utenti la possibilità di prevedere la domanda al massimo livello di dettaglio possibile, su differenti orizzonti temporali, senza dover mettere mano alla tecnologia sottostante.