L'analisi e la comprensione del fenomeno della domanda
La pianificazione della domanda
Recentemente, i risultati di un survey condotto da una primaria società di ricerca statunitense su di un ampio campione di aziende ha mostrato come, per l'85% delle aziende "best-in-class" in termini di prestazioni logistiche (ossia, per le aziende più accorte e meglio organizzate, anche se ciò è comunque valido pure per il 68% delle altre aziende), la più importante azione strategica per ridurre le scorte e migliorare allo stesso tempo il livello di servizio sia "l'analisi e la comprensione del fenomeno della domanda", capacità che deve naturalmente offrire la possibilità di pervenire ad un "forecast attendibile".
Quindi, la capacità di ottenere una previsione attendibile della domanda futura è ancora vista come una priorità nel cammino di miglioramento delle proprie logiche di Supply Chain Management:si tratta di una conclusione quasi ovvia, se si pensa all'assoluta necessità di un forecast il più possibile attendibile come elemento fondante di ogni scelta in termini di pianificazione (di acquisto, di produzione e di distribuzione).
Nonostante questo, secondo la nostra esperienza, spesso le aziende italiane non investono sufficienti risorse (umane e tecnologiche) in questa fase fondamentale, oppure hanno una visione della pianificazione della domanda viziata da una serie di consuetudini o luoghi comuni che non favoriscono il miglior approccio al problema.
Il primo (e spesso determinante) errore è quello di non calare il processo di previsione e pianificazione della domanda nel giusto work flow aziendale, ossia in un processo coordinato e coerente, che sappia valorizzare sia un approccio "scientifico" alla previsione fatta sulla base del dato storico, sia le preziose informazioni che solo chi è più vicino al mercato (es. la funzione Commerciale) è in grado di fornire.
È quindi non infrequente trovare situazioni in cui si lavora "a compartimenti stagni", con una funzione aziendale (ad esempio la logistica) che magari produce un interessante forecast statistico, il quale non è poi utilizzato come elemento di confronto e convalida con tutte le altre funzioni aziendali, ma che invece è solo usato "localmente" dalla funzione che l'ha prodotto, senza preoccuparsi di raccordare queste informazioni con quelle che altre funzioni potrebbero validamente fornire.
L'azienda rischia quindi di adottare un punto di vista "strabico", in cui convivono previsioni più o meno contrastanti tra loro: anche tralasciando aspetti fondamentali come la duplicazione degli sforzi previsionali e il fatto di non sfruttare tutte le possibili informazioni disponibili per arrivare ad un forecast attendibile al massimo grado, sono evidenti i problemi che derivano dal fatto che l'azienda non marci unita e compatta verso lo stesso obiettivo di soddisfazione del mercato.
Le organizzazioni più avvedute, al contrario, capiscono come sia fondamentale per un'azione coerente e coordinata disporre del cosiddetto "one number", ossia di una visione univoca e condivisa tra i vari enti aziendali del futuro mercato, sulla quale basare tutte le decisioni: per arrivare al "one number", tuttavia, è necessario un certo dispendio di energie interne, per effettuare un processo di confronto e di collaborazione tra i vari attori (eventualmente anche esterni all'azienda e parte della sua "filiera") che sia davvero fruttifero.
Il portato finale di tale processo è il cosiddetto "piano della domanda" (demand plan): questo piano non coincide necessariamente con la previsione della domanda, in quanto esso incorpora anche quanto deriva dalla consapevolezza dei propri limiti produttivi e/o distributivi, che magari in certi momenti possono anche impedire di soddisfare il 100% della domanda prevista. Nel caso, l'azienda dovrà fare scelte precise su come impiegare al meglio le proprie risorse, facendo le opportune considerazioni sulla marginalità dei prodotti che sceglierà di vendere e/o sulla strategicità dei clienti o dei mercati che vorrà servire.