La vera differenza tra noi e gli scimpanzè
La parola cambiamento è sulla bocca di tutti. A volte utilizzata per presentarsi come “moderni”, a volte impiegata a sproposito, a volte invece con piena cognizione di causa. Quindi, separare il grano dal loglio è più che mai necessario.
Iniziamo con il ricordare che il cambiamento non è una caratteristica della contemporaneità. Il cambiamento è sempre stato il filo conduttore dell’evoluzione umana. Ma, qual è stato l’elemento chiave che ha determinato il successo dei nostri cambiamenti?
“Sapiens. Da animali a dèi” è un approfondito e interessante libro. In esso, l’autore, lo storico Yuval Noah Harari, ci racconta che la vera differenza tra noi e gli scimpanzé è rappresentata dalla funzione di collante dei miti. I miti hanno conferito ai Sapiens la capacità, senza precedenti, di cooperare in maniera flessibile e in comunità formate da moltissimi individui. Ciò ha reso i Sapiens l’unica specie umana giunta fino ai giorni nostri.
Affrontare qualunque cambiamento richiede innanzitutto questa consapevolezza. La consapevolezza della rilevanza del mito. Così, forse, potremmo comprendere perché a volte sia tanto difficile attuare processi di cambiamento!!
Per le organizzazioni e le aziende cambiare è praticamente un obbligo per poter continuare a esistere e a sopravvivere in un ambiente che è sempre stato e lo sarà sempre di più in continua trasformazione. Oggi, però, la velocità con cui l'ambiente che ci circonda (in generale) ed i mercati in cui operano le aziende (in particolare) cambiano, è sempre crescente: una accelerazione degna di una autovettura di Formula 1.
In questo iperspazio competitivo se ascoltiamo la voce dei protagonisti, siano essi imprenditori o manager, tutti vogliono cambiare o hanno compreso l’importanza del cambiamento, ma poi all’atto pratico…. i comportamenti agiti nelle aziende spesso risultano distonici, gettando nello sconforto chi, come la funzione HR, cerca disperatamente di programmare e gestire comportamenti organizzativi "coerenti" con la mission, la vision, il budget, i valori, ecc .
Le ragioni che possono ostacolare i processi di cambiamento possono essere oggettive oppure soggettive. Le prime risiedono nello specifico contesto in cui opera ogni azienda e nelle sue modalità di interazione con i mercati di riferimento; le seconde, che spesso rappresentano gli ostacoli più rilevanti, dipendono invece dalle abitudini, dagli atteggiamenti, dai comportamenti e dai modi di pensare delle persone. In due parole dai miti.
Quindi, la leadership del cambiamento può esprimersi efficacemente innanzitutto se è in grado di rinnovare il mito che fonda l’organizzazione o di proporne uno completamente diverso.
Se questa è la direzione per agire il cambiamento è altresì opportuno comprendere che cosa si intende con questo termine. Un po’ di confusione in effetti aleggia nelle nostre menti.
Un prezioso contributo viene dalla suddivisione proposta da Ronald Heifetz, Marty Linsky e Alexander Grashow, frutto della loro attività presso la John F. Kennedy School di Harvard. Per loro i cambiamenti possono infatti essere:
- problemi tecnici
- sfide adattive.
Oggi siamo chiamati ad affrontare soprattutto cambiamenti adattivi e, per affrontarli, si richiede alle persone che li vivono e che li guidano/gestiscono un diverso approccio di pensiero e soprattutto nuove competenze.
Un diverso approccio di pensiero significa uscire con coraggio dal proprio ambito disciplinare per rivolgersi verso ambiti non tradizionali per chi si occupa di organizzazione aziendale, quali: le neuroscienze, la fisica quantistica e la biologia evolutiva. Discipline che offrono utili indicazioni sul funzionamento delle organizzazioni e, in particolare, sul modo di pensare e agire delle persone.
Sì, perché al centro dei processi di cambiamento ci sono sempre le persone nei diversi ruoli che ricoprono. Con le loro paure e le loro potenzialità. E, lo ricordiamo, con il mito o i miti attraverso i quali hanno vissuto fino a oggi.
Cambiare le abitudini e uscire dalla propria zona di comfort sono da sempre riconosciute come le azioni più difficili da compiere. Anche se razionalmente si accetta il cambiamento, quando ci si trova in situazioni complesse o a lavorare sotto stress è naturale tendere a replicare i "vecchi" modelli di comportamento.
Chi ricopre un ruolo di leader, per riuscire ad essere un "vero" agente del cambiamento, non deve solo innovare, a partire da se stesso, ma gestire l'innovazione e i processi che ne sono alla base; compito che è sempre più difficile. L’innovazione, infatti, non è solo "composta" di materialità e tecnologia, ma è anche sempre più riconducibile a reti di relazioni, modelli organizzativi, persone, valori e significati, miti.
Si tratta di una metamorfosi culturale fondamentale per affrontare il cambiamento che caratterizza i tempi attuali; quello rappresentato dalla tecnologia digitale. Un cambiamento da vivere senza preconcetti e senza esaltazioni dogmatiche ma con la consapevolezza dei vantaggi e dei rischi che esso comporta.
Grazie alle tecnologie digitali, oggi la mente umana può essere estesa e perfezionata in milioni di nuovi modi che sfruttano gli strumenti di comunicazione, l’analitica, la memorizzazione, i sensori e gli assistenti digitali e tante altre modalità.
L’esternalizzazione e il potenziamento della nostra mente non sono assolutamente fenomeni o problemi nuovi. Per millenni l’uomo ha esternalizzato e potenziato parti del cervello e della mente. Oggi, ci troviamo di fronte a nuove sfide che, però, non possono essere affrontate con i metodi abituali. Come mise in luce Albert Einstein: <Se l’umanità vuole sopravvivere e raggiungere maggiori livelli, è essenziale un nuovo tipo di pensiero>.
I mutamenti che la tecnologia ci propone sono molto più grandi di quanto qualsiasi persona possa immaginare. Il contesto è mutato e muta continuamente. Ciò significa che la saggezza del passato non sarà più applicabile. Come proposto da Marc Prensky, nel suo libro “La mente aumentata”, dobbiamo pensare a una nuova saggezza, una saggezza che lui definisce digitale.
Tutto ciò, ben consci di vivere e agire all’interno di un sistema e senza dimenticare che le organizzazioni sono a loro volta sistemi legati da miti e da tessuti invisibili di azioni interconnesse. Dato che noi stessi siamo parte di questa trama, vedere l’intero schema non è sempre facile, anche se si dispone di buone capacità sistemiche o di elicopter view. Ma è una necessità, se vogliamo interpretare correttamente i problemi e le sfide, se vogliamo trovare le soluzioni più efficaci alla sopravvivenza e allo sviluppo delle organizzazioni di cui siamo parte.
Ciò richiede uno stile di leadership che faciliti le iniziative sistemiche di cambiamento e sia coerente con i nuovi modelli organizzavi "agili", abbandonando rapidamente comportamenti di tipo gerarchico basati su un approccio organizzativo di tipo top - down.
Una leadership consapevole della necessità di una progettazione collettiva e caratterizzata da una visione ampia e fortemente legata alla immaginazione. Una leadership che non dimentichi il valore e la funzione dei miti.
Federico Castelletti Cazzato & Nicola Longo (partners di Skills Management)