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Humanocracy: ripensare i principi del management

Humanocracy: ripensare i principi del management

Di Gary Hamel

Viviamo un’epoca caratterizzata dall’ansia per il futuro, in cui sono in molti a temere che un giorno l’intelligenza artificiale sostituirà le persone nel mondo del lavoro. Chiedo spesso ai CEO che incontro come vorrebbero che fossero le loro aziende. Gli aggettivi che più utilizzano sono “flessibile” e “agile”, ma per il momento nessuno mi ha dato la risposta che cerco: “umana”. Le aziende sono composte da persone ed è su di loro che bisogna investire.

Le aziende, di per sé, non sono umane. La capacità di adattamento degli esseri umani è molto diversa da quella delle aziende: i primi sono per natura adattabili e resilienti, mentre le aziende sono più rigide. In un mondo dominato dall’innovazione è fondamentale per un’azienda cambiare al ritmo del cambiamento stesso.

La convinzione che la resistenza dei dipendenti ai cambiamenti limiti l’innovazione è falsa e vi dimostro perché. Solo nell’ultimo anno, quanti di noi hanno cambiato casa, posto di lavoro, hobby, macchina? Le persone amano cambiare, sono entusiaste del cambiamento quando ne sono parte attiva.

Si crea attrito e resistenza al cambiamento solo quando è imposto. La serietà che le aziende mettono nell’innovazione si può evincere dalle risposte dei dipendenti a tre domande:

  1. La vostra azienda vi ha formato per affrontare l’innovazione?
  2. Avete accesso alle risorse necessarie per sperimentare nuovi progetti? Esistono vincoli o freni burocratici?
  3. I vostri capi discutono con voi di innovazione? È un metro di valutazione da parte loro?

È possibile classificare ciò di cui un’azienda ha bisogno dai propri dipendenti in una piramide simile a quella di Maslow. Alla base c’è l’obbedienza, poi la diligenza, l’intelligenza, l’iniziativa, la creatività, in cima la passione. Le prime tre qualità sono ormai date per scontate. Ma le aziende hanno anche bisogno di persone creative, che vedano nel problema un’opportunità, persone che si facciano domande intriganti, che abbiano passione per il proprio lavoro e che si vogliano assumere dei rischi.

La qualità più ricercata nei professionisti è il coraggio, il saper osare. Molte organizzazioni sono affette dalla patologia della “controllite”, nel senso che spesso tendono a esercitare un controllo tale per cui uccidono la creatività dei dipendenti e la loro volontà di proporre qualcosa di nuovo. La sostanziale differenza tra persone e aziende è che mentre le prime sono resilienti, creative e appassionate, le seconde sono inerti, indifferenti al cambiamento.

Per anni si è pensato che la burocrazia funzionasse meglio quanto più fosse slegata da processi umani. Oggi assistiamo a un’inversione di pensiero e al tentativo di ri-umanizzare questi processi. Se vogliamo che i nostri team siano agili, abbiamo bisogno di dedicare loro maggiore attenzione: solo il 15% dei dipendenti si sente coinvolto al 100% sul posto di lavoro. Il problema è la gestione delle risorse umane: il 50% di chi cambia lavoro dichiara di averlo fatto per sfuggire ad un leader tiranno. Il 68% crede invece che le idee nuove vengano accolte con scetticismo.

Se fossimo in grado di ridurre il carico burocratico risparmieremmo circa 8 mila miliardi di euro. Il vantaggio delle start-up da questo punto di vista è evidente ed è legato al loro modello di management, orientato verso la creazione di un nuovo business. Le start-up sono aziende flessibili, dinamiche, hanno un’organizzazione piatta e non gerarchica. Questo permette loro di non avere una struttura burocratica complessa e rigida. Citando Jamie Dimon, CEO di JP Morgan Chase, “La burocrazia è una patologia”.

Come possiamo quindi cercare di eliminare l’ostacolo della burocrazia?

  1. Siate onesti sul costo della burocrazia: ogni livello aggiuntivo della scala gerarchica ha un prezzo, genera complicazioni e costi.
  2. Rendete conto degli sforzi per snellirla: ogni CEO dovrebbe informare i suoi dipendenti su quali provvedimenti mette in atto per ridurre il peso della burocrazia. È importante rovesciare il concetto per cui le risorse umane sono strumenti dell’azienda, quando invece è l’azienda a doversi fare strumento nelle mani delle persone che vogliono innovarla.
  3. Siate aperti a nuovi principi. Per risolvere un problema servono principi nuovi, che instaurino processi in grado di favorire nuove pratiche e portare a nuove performance. Se non incrementate i processi aziendali con nuovi principi, non otterrete mai un nuovo livello di performance.
    Quando un’azienda decide di adottare nuovi principi, il primo passo che deve compiere è quello della sperimentazione: è una questione di esperimenti, di prove e di fallimenti. È provando, fallendo, e riprovando una seconda volta che si ottengono i successi.
    Inoltre, è importante adottare un metodo di riconoscimento basato sulla meritocrazia: create strutture dove la capacità di influenza che hanno i dipendenti sia correlata alle loro competenze.

Non c’è una soluzione per eliminare la burocrazia agendo dall’alto verso il basso. Ai leader spetta il compito di semplificare e snellire. I team devono percepire che sono guidati da dei mentori, non da freddi manager. C’è bisogno di un nuovo modello di cambiamento: una collaborazione che si origini dal basso. Le persone sono più inclini e bendisposte al cambiamento se questo parte da una loro iniziativa, anziché accettarlo perché deciso ai piani alti della struttura gerarchica.

Ho letto moltissime storie di cambiamento da cui è conseguito un insuccesso, in cui l’errore è stato non mettere in discussione i modelli preesistenti.

Thomas Paine sosteneva che “l’abitudine di non pensare a una cosa come sbagliata, dà un’impressione superficiale che questa sia corretta”. In futuro, uno degli aspetti determinanti per il successo delle aziende sarà la gestione dei modelli di organizzazione al loro interno, ancor più che il prodotto o il servizio che offrono.

Si ringrazia WOBI per questo contributo

Lunedì, 09 Dicembre 2019. Postato in Soft Skill, Leadership

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