Cosa comprano le persone?
Le persone non comprano prodotti, servizi o idee ma storie.
D'altronde, ogni individuo si esprime attraverso un racconto: per convincere, per condividere, per informare, per influenzare una scelta o orientare un comportamento.
Considerate la vostra ultima visita a IKEA, a Disneyworld, in un Apple Store o in qualunque altro punto vendita, azienda, luogo. Potreste essere usciti da questo incontro entusiasti oppure del tutto irritati per la qualità del servizio.
Ogni vostra esperienza sarà memorizzata nella mente attraverso una storia ad essa collegata. Questo significa che ogni marchio, ogni azienda, ogni luogo è forte (cioè ben radicato nella mente) solo in relazione alle storie che le persone raccontano su di esso. Questo spiega il motivo per cui "word-of-mouth" (il passa parola) è ancora la più importante modalità che consenta di dare valore alla vostra attività.
Condividiamo le storie di cui vale la pena parlare, sia in senso negativo (quando abbiamo riscontrato qualcosa che ci ha contrariati profondamente), sia quando la nostra giornata è stata illuminata da un sorriso inaspettato.
La forza della narrazione non è, peraltro, una qualità di recente scoperta. La sua storia si è sviluppata parallelamente alla storia della cultura umana e delle sue espressioni sin dai primordi della civiltà, rispondendo alla fondamentale esigenza di condividere le esperienze, fissare i valori sociali e religiosi, fornire intrattenimento, spiegare i fenomeni e gli eventi naturali e storici.
Dalle incisioni rupestri alle storie di eroi recitate dagli aedi in Grecia con l’accompagnamento della musica, ai poemi religiosi ed alle cosmogonie, la narrazione si è sempre rivelata la forma comunicativa privilegiata sia per la trasmissione della tradizione e dell’identità culturale di una popolazione, sia per la costruzione e la condivisione di un sistema di valori, di simboli, di idee.
La narrazione svolge questa rilevante funzione nelle relazioni umane in quanto, come più volte ha evidenziato Daniel Goleman, a dispetto del gran valore spesso attribuito a una razionalità priva di emozioni, queste ultime sono, in realtà, molto più potenti dello stesso intelletto.
Per ogni azienda è, quindi, fondamentale governare il proprio racconto in modo che venga trasmessa la «storia giusta» sia verso il pubblico esterno (acquirenti, opinion leader, stakeholder) sia verso il pubblico interno (dipendenti). Ed è determinante che il racconto sia coerente nei diversi ambiti. Aspetto spesso trascurato con conseguenze negative sulla Corporate Identity, sulla qualità delle relazioni e sulla motivazione delle persone.
Evidenziato il valore della narrazione in generale, intendiamo ora focalizzare l’attenzione sull’importanza della costruzione di una “buona storia” per motivare e coinvolgere i dipendenti nella visione che l’azienda ha definito.
I dipendenti si recano ogni giorno sul luogo di lavoro, o piuttosto vi fanno presenza fisicamente; il loro cuore e la loro anima, però, restano spesso altrove.
In che modo, quindi, un’organizzazione può trasformarsi da un luogo che impedisce l’emergere dei talenti individuali, in un ambiente stimolante in cui le persone desiderino essere presenti e sentano di avere uno scopo?
Solo dando voce agli aspetti emotivi si può far sì che gli individui scoprano le radici della cultura aziendale e le vere fonti d’ispirazione che determinano l’ambiente che li circonda.
Quel senso quasi tribale di appartenenza a un gruppo particolare – la consapevolezza di abitare con gli altri in un mondo speciale – è esattamente ciò che contraddistingue gli ambienti in cui le persone amano lavorare.
Un modo per far emergere questi sentimenti è quello di dar vita a momenti speciali, a esperienze che le persone possano condividere con gli altri per produrre una sorta di mitologia condivisa. Questo è ciò che può essere ottenuto attraverso l’uso della narrazione.
Anche a fronte di processi di cambiamento, un corretto utilizzo della narrazione può incrementare le possibilità di successo. In tali situazioni, i vertici aziendali esprimono naturalmente il bisogno di “allineare” i collaboratori alle nuove strategie.
La parola “allineamento”, però, evoca un’immagine meccanica che può determinare azioni che non rendono il raggiungimento del risultato così semplice.
E’ ancora Daniel Goleman a ricordarci, attraverso i suoi studi e le sue esperienze nei contesti organizzativi, che: << le strategie, espresse nell’arido linguaggio degli obiettivi aziendali, sono elaborate principalmente dal cervello razionale, ossia dalla neocorteccia. Le visioni strategiche (e i piani che ne conseguono) sono di norma lineari e limitate e trascurano sentimenti e passione, essenziali per creare adesione.
Per indurre le persone ad abbracciare il cambiamento è necessario creare “sintonia”, ossia un allineamento con quel tipo di risonanza che scuote non solo l’intelletto, ma anche le emozioni dell’individuo. Per creare questo tipo di sintonia non basta però che gli individui acquisiscano la consapevolezza della strategia in sé; piuttosto, è necessario stabilire un contatto diretto con i loro centri emozionali.
A differenza del semplice allineamento, la sintonia infonde l’entusiasmo motivante necessario per perseguire la visione ideale dell’organizzazione. A determinare il risultato saranno così le persone, e non soltanto il piano aziendale >>.
Le nostre percezioni, emozioni e relazioni sono tutte strettamente modellate dalla narrazione, un processo che dà un senso a tutto ciò che ci circonda. Tutti gli scienziati sono d'accordo. La memoria umana è un processo guidato dalla narrazione.
Essa (oggi chiamata storytelling) è una tecnica comunicativa che ricorre alle emozioni più che al pensiero razionale per trasmettere concetti, opinioni, per convincere, divertire e sedurre. Un approccio proficuo da utilizzare anche per realizzare i processi di cambiamento culturale, in maniera ancora più efficace.
Federico Castelletti Cazzato & Nicola Longo