Tech For Good, alla base c’è la condivisione delle idee e l’accesso alle risorse
Nella situazione complessa e per certi versi surreale che stiamo vivendo, si sta facendo strada un concetto interessante, che può apparire scontato ma che sotto molti aspetti è inedito, quello del tech for good. Ovvero della possibilità di applicare la tecnologia, quella che conosciamo tutti, promossa sia dai grandi player globali che da realtà locali specializzate, ad ambiti che riguardano realmente tutti, per il bene di tutti.
E non solamente in questo momento di emergenza e massima attenzione, ma con l’obiettivo di prolungare questa spinta positiva, a vantaggio della salute, dell’ambiente, del lavoro, all’organizzazione sociale intesa in senso più esteso.
Si tratta di un tema quanto mai attuale se pensiamo a come l’AI possa supportare o meglio contenere l’evoluzione di un virus come Covid-19. Ma gli esempi che potremmo citare sono innumerevoli, come la robotica per curare l’autismo e il digitale per curare i malati di Alzheimer. E poi ancora, soluzioni tecnologiche a supporto dell’ambiente con la crescente riduzione delle risorse naturali. E qui parliamo di applicazione del Tech alla economia circolare.
E’ interessante notare come dietro queste nuove soluzioni molte volte ci siano realtà imprenditoriali “rampanti”, giovani start-up che nascono da una singola idea geniale e danno poi vita ad un cambiamento sociale rilevante. Questo è affascinante di per sé. Ma non mi fermo qua. Penso a quanto il poter attingere a risorse finanziarie aggiuntive (non solo equity) per queste start-up possa fare la differenza nell’accelerare studi, ricerche, prove che poi sfociano in queste fantastiche soluzioni Tech for good. Perché le opportunità a livello di strumenti di finanza agevolata, come anche bandi nazionali piuttosto che europei ci sono, ma non sempre alla portata del singolo, perché non conosciuti in primis oppure anche se di dominio pubblico non è agevole potervi partecipare, rientrando in cordate di Consorzi complesse per le loro dinamiche di inserimento.
Nel merito, ancora, l’applicazione della tecnologia e delle sue soluzioni all’economia circolare, ma anche al mondo del lavoro rendendolo più efficiente (pensiamo a piattaforme collaborative), e poi ancora al mondo educational con il digital learning. Quanto mai oggi attuale ancora una volta nel contesto del Covid-19.
Stimolante – o forse sorprendente infine – come si finisca a parlare di questa nuova figura del CPO – il Chief Philosophy Officer - il cui lavoro si espleta nel pensare e nel creare un incubatore di idee. Come faceva il grande Socrate, la consapevolezza della non conoscenza, ovvero il “so di non sapere” alla base della conoscenza stessa. Perché alla fine è la ricerca continua del sapere che genera il pensiero creativo che è alla base del Tech for good.
Basta poi trovare il giusto tempo e un giusto ritmo per dare vita al pensiero creativo, mai quanto di più attuale di questi tempi.
Katiuscia Terrazzani, Managing Director, Ayming Italia
https://www.ayming.it/