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Abbiamo bisogno di nuovi leader?

Abbiamo bisogno di nuovi leader?

La domanda è, evidentemente, pleonastica in quanto la risposta non può che essere sì! Ma il vero quesito su cui riflettere è: perché sì?

Il 1 dicembre 2015 si tenne la Cranet HRM conference – edizione Italia. Il Cranet (Cranfield Network on Comparative Human Resource Management) è un network internazionale, composto da Università e Business School di diverse parti del mondo che, ogni 4 anni, svolge un’indagine sulle nuove tendenze nel mondo HR. Uno dei punti chiave emersi durante la conferenza fu che la parola chiave per il futuro prossimo sarebbe stata “Agility”. In altre parole: analizzare le situazioni, consolidare gli assetti organizzativi, leggere i cambiamenti, decidere e agire rapidamente rispetto alle continue evoluzioni e agli aspetti non pianificati.

Vedremo che cosa emergerà nella prossima edizione prevista per il 2019, ma siamo pronti a scommettere che l’agilità rimarrà uno degli aspetti che stanno caratterizzando e caratterizzeranno la nostra realtà.

Oggi, infatti, siamo di fronte a una evoluzione delle tecnologie che si configura anche per il suo essere “disruptive”: si tratta di quei cambiamenti che avvengono nel momento in cui le nuove tecnologie digitali influenzano e stravolgono in modo significativo i mercati ..... e la vita degli individui!!

Automazione, mobilità, realtà aumentata, intelligenza artificiale, disintermediazione. Nel vortice impazzito alimentato dalla digitalizzazione dire “si è sempre fatto così, quindi va bene così” non può più funzionare. Rimanere arroccati sulle proprie posizioni e sui propri comportamenti significa predisporsi a uscire in breve tempo dal mercato.

Le abilità che ci serviranno per affrontare questa realtà saranno decisamente diverse, per tutti ma soprattutto per coloro che si troveranno nella posizione di governare organizzazioni politiche, sociali, economiche. Quindi, anche per tutte le imprese, dalle più piccole a quelle globalizzate.

La domanda corretta può allora diventare: come leader sto cambiando e/o mi sto adattando al "nuovo" che arriva ? E, se non ho ancora iniziato a farlo, sono pronto a farlo?

Si deve prendere atto che in un mondo sempre più connesso e dove le tecnologie incidono profondamente nella vita delle persone, c’è un ambito, spesso sottovalutato, nel quale si deve altresì innovare: le persone stesse. Un innovazione che investa il loro modo di pensare e di agire. Una innovazione che riguarda innanzitutto noi stessi prima di aspettarsela dagli altri.

Questo perché tutto ciò che non può essere digitalizzato diventerà estremamente prezioso come la creatività, l’intuizione, le emozioni e l’etica. Caratteristiche tipiche di ogni essere umano e che, almeno per il momento, non potranno mai essere espresse o replicate dalle macchine.

Se tutto ciò vale per ogni individuo, ancor di più deve valere per i leader.

La conseguenza è che si dovranno ripensare le tradizionali basi della leadership e le caratteristiche (non ci riferiamo qui esclusivamente alle competenze) che i leader dovranno avere per affrontare sia i problemi sia le opportunità che la società, in accelerato cambiamento, ci propone e ci proporrà. Oggi, la definiamo 4.0 ma domani potrebbe anche diventare 5.0 o 6.0 e così via.

Ma ciò che importa non è tanto la definizione che può semplicemente diventare un tema per conferenze e convegni quanto la capacità di interpretare i segnali, di portarli all’interno della cultura aziendale e di trovare le modalità più efficaci per creare piani di azione coerenti con le evoluzioni della realtà.

Nel volume “L’arte della leadership” Thierry Weil rielaborando i testi di un corso tenuto da James G. March alla Stanford University, interessante per la sua originalità sia di contenuto sia di didattica, ha messo in luce che:
<<Si ritiene generalmente che la leadership tenda a dare coerenza, a rendere efficace l’azione organizzativa eliminando contraddizioni e riducendo le incoerenze, le ambiguità e la complessità attraverso obiettivi precisi e programmi ben studiati. Il prototipo moderno in campo economico è il concetto di strategia commerciale e lo sviluppo di un piano aziendale. L’incoerenza e l’ambiguità hanno tuttavia la loro importanza in chiave di cambiamento e adattamento, e il dovere della coerenza potrebbe essere insufficiente a comprendere o a perfezionare la leadership e la vita. In generale, un leader efficace è capace di vivere in due mondi: il mondo incoerente dell’immaginazione, della fantasia e dei sogni e il mondo ordinato dei piani, delle regole, dell’azione pragmatica. Come possiamo coltivare nel contempo ambiguità e coerenza, irragionevolezza e ragione, contraddizione e determinazione?>>

A nostro giudizio si tratta di stimoli da prendere seriamente in considerazione.

E’ evidente che gli attuali cambiamenti richiedano nuove modalità per esprimere la leadership. Una leadership capace di rendere il coinvolgimento e la collaborazione tra le persone uno dei principali fattori sui quali basarsi. I leader devono assumere sempre più il ruolo di facilitatori (di team, di processi, ecc.) e sempre meno quello di capi gerarchici con forte valenza autoritaria; adottare una leadership diffusa, dove il singolo leader raccoglie le esperienze altrui, le fa circolare e le condivide, se era importante prima, ora, con la digitalizzazione sempre più spinta, diventa indispensabile!!

Per orientarsi in questa direzione, quale forma mentis deve essere adottata? Quali le competenze da sviluppare: empatia, consapevolezza dell’organizzazione, visione creativa, sviluppo delle potenzialità altrui, diffusione della conoscenza e utilizzo dei social network sono solo alcune delle qualità che un leader collaborativo deve possedere.

Possiamo, inoltre, aggiungere che la necessità di agire in modo collaborativo pone tutti coloro che ricoprono ruoli di leader di fronte ad una ulteriore riflessione. In quasi tutte le organizzazioni, infatti, la leadership pone interrogativi di identità e di uguaglianza di genere. Storicamente, la maggioranza dei leader è stata di genere maschile e la retorica della leadership si è strettamente intrecciata con la retorica della mascolinità.

Numerosi esperimenti psicologici e osservazioni sociologiche dimostrano che la mascolinità si raggiunge attraverso la sfida all’autorità e la lotta per il potere contro altri uomini, nel combattimento fisico o nel suo equivalente simbolico. L’educazione prepara gli uomini soprattutto alle strategie di tipo competitivo.

Le donne invece sono meglio preparate alle strategie relazionali.

Sicuramente, quindi, un apporto sostanziale e strategico potrà venire sempre di più dal mondo femminile, dove capacità di ascolto, empatia, intelligenza emozionale sono alcune delle qualità fondamentali già presenti nella leadership femminile e che diventeranno strategiche nella leadership del futuro.

Essere leader è e sarà sempre di più una attività ricca di sfaccettature. Coloro che sapranno mettersi in gioco, diventare attenti osservatori, esprimere una visione chiara e coinvolgente e, anche, unire le qualità di genere riusciranno a far crescere le loro organizzazioni mantenendole vive a favore dei propri stakeholders e della società in generale.

Questa è la sfida che i leader, uomini o donne che siano, si troveranno a dover fronteggiare nei prossimi anni: siamo veramente pronti a raccoglierla?

Federico Castelletti Cazzato & Nicola Longo

http://www.skillsmanagement.it/

Venerdì, 12 Gennaio 2018. Postato in Soft Skill, Leadership, Gestione aziendale

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