L’operatività della garanzia nel contratto di appalto
A cura dell’Avv. Gianluca Meterangelo del Foro di Milano
Accade spesso che le opere eseguite dall’appaltatore presentino dei gravi vizi e difetti di costruzione, tali da causare la rovina totale o parziale degli immobili.
Il nostro ordinamento offre una garanzia all’acquirente che scopre l’esistenza dei predetti vizi e difetti entro dieci anni dal compimento dell’opera mediante l’azione prevista dall’art. 1669 del Codice Civile, che prevede la denuncia dei vizi da parte del committente, a pena di decadenza, entro un anno dalla loro scoperta.
L’azione risarcitoria, inoltre, è esperibile entro il termine prescrizionale di un anno dalla predetta denuncia.
L’azione promossa dall’acquirente presuppone una presunta responsabilità dell’appaltatore: il legislatore ha introdotto in tal modo una responsabilità gravosa per il costruttore, al fine di offrire una maggior garanzia al committente ed ai terzi in tutti i casi in cui i vizi ed i difetti di un manufatto possano determinare un pericolo per la pubblica incolumità, la quale potrebbe essere coinvolta nel crollo del medesimo.
Di conseguenza, tale garanzia impone al costruttore la realizzazione di opere con la massima perizia possibile.
Ma cosa succede se il committente scopre i vizi o i difetti dopo dieci anni dal compimento dell’opera? Qual è la tutela che il nostro ordinamento offre agli acquirenti, una volta che un edificio crolli (anche solo parzialmente) e siano decorsi i termini previsti dall’art. 1669 del Codice Civile?
L’art. 2043 del Codice Civile offre la possibilità di esercitare un’azione risarcitoria generale per qualsiasi fatto illecito: pertanto, è possibile esercitabile tale azione anche nel caso in cui vengano scoperti gravi vizi e difetti degli immobili dopo dieci anni dalla loro realizzazione.
La principale differenza tra le predette azioni è relativa al grado di responsabilità gravante sull’appaltatore:
- l’art. 1669 c.c. prevede una responsabilità gravosa, in quanto opera una sua presunzione di responsabilità, benché limitata nel tempo;
- l’art. 2043 c.c. prevede una responsabilità meno gravosa, la quale deve essere rigorosamente dimostrata dal committente danneggiato.
Nei casi concreti, spesso le decisioni dei Tribunali in merito all’applicazione dell’azione speciale prevista dall’art. 1669 c.c. piuttosto che dell’azione generale prevista dall’art. 2043 c.c. erano contrastanti.
La Suprema Corte di Cassazione, pertanto, si è occupata per diversi anni di stabilire se le predette azioni siano esercitabili alternativamente o meno.
In principio, la Corte riteneva che le predette norme fossero alternativamente applicabili e, di conseguenza, l’acquirente poteva esercitare l’azione speciale dettata dall’art. 1669 c.c. nel caso in cui non avesse richiesto la tutela dell’azione generale di cui all’art. 2043 c.c..
Successivamente, una parte della giurisprudenza cambiava orientamento: riteneva possibile il pacifico esercizio di entrambe le predette azioni, considerando esercitabile l’azione prevista dall’art. 2043 c.c. in tutti i casi in cui non fosse stata esperita l’azione dettata dall’art. 1669 c.c..
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il conflitto della giurisprudenza con la Sentenza n. 2284/2014: l’azione di risarcimento era stata promossa da un’azienda committente, la quale aveva affidato delle opere da eseguire sulla rete idrica ad una società appaltatrice.
Dopo gravi danneggiamenti delle opere idriche a seguito di forti precipitazioni, l’azienda committente agiva in giudizio per ottenere la rifusione delle spese sostenute per il ripristino e la messa in sicurezza delle stesse.
Atteso che erano decorsi i termini per l’esercizio dell’azione prevista dall’art. 1669 c.c, l’azienda danneggiata richiedeva la tutela generale ai sensi dell’art. 2043 c.c., ritenendo fungibili le due azioni.
La società appaltatrice, al contrario, non riteneva applicabile la tutela generale di cui all’art. 2043 c.c., considerando le due azioni alternative.
La Suprema Corte ha risolto il conflitto da cui emerge il principio secondo il quale le predette azioni, essendo volte al medesimo fine, sono fungibili: il legislatore, infatti, intendeva offrire ai danneggiati dalle rovine delle opere la più ampia tutela e, pertanto, laddove non sia più possibile esercitare l’azione speciale prevista dall’art. 1669 c.c., è sempre possibile richiedere per l’acquirente una tutela generale.
Alla luce della richiamata pronuncia, quindi:
- il committente avrà sempre la possibilità di agire per ottenere il risarcimento dei danni causati dall’appaltatore, anche se l’onere della prova sullo stesso gravante varierà in base al tipo di azione esercitata. Mediante l’esercizio dell’azione speciale, infatti, la colpevolezza dell’appaltatore è presunta; mediante quella generale, invece, deve essere debitamente dimostrata;
- l’appaltatore dovrà dimostrare in modo più gravoso la sua mancanza di responsabilità nel caso in cui venga esercitata contro di lui l’azione prevista dall’art. 1669 c.c..
Ne consegue che nella regolamentazione dei propri rapporti, committente ed appaltatore possono preventivamente delimitare le proprie responsabilità, inserendo apposite clausole nei contratti.
Pertanto, a favore del committente potranno essere previste clausole relative:
- alla conoscenza dell’appaltatore dello stato dell’immobile oggetto del contratto, derivante anche dall’esame della relativa documentazione tecnica ed amministrativa;
- alla realizzazione delle opere alla regola dell’arte da parte dell’appaltatore, che è tenuto ad osservare la diligenza richiesta dalla legge e deve possedere la specializzazione delle tecniche necessarie per l’esecuzione dei lavori;
- alla fideiussione a garanzia della corretta esecuzione da parte dell’appaltatore dei lavori oggetto del contratto secondo le condizioni pattuite;
- ai collaudi delle opere a carico dell’appaltatore sia in corso d’opera che alla conclusione della stessa;
- al divieto di apportare variazioni ai lavori in progetto da parte dell’appaltatore;
- gli interventi necessari per porre rimedio ad eventuali vizi e difetti riscontrati nel collaudo finale dal committente che accetti l’opera eseguita;
- l’obbligo per l’appaltatore di intervenire per porre rimedio ai vizi e difetti riscontrati in corso di esecuzione ovvero alla conclusione dell’opera;
- la direzione tecnica dei lavori affidata ad una persona di fiducia del committente.
L’appaltatore, invece, avrà interesse ad inserire delle clausole che disciplinino:
- le rispettive responsabilità per l’impossibilità della realizzazione di opere in conformità al progetto presentato: in tal modo l’appaltatore non sarà tenuto a rispondere solidalmente con il progettista o con il direttore dei lavori per eventuali loro inadempimenti che comportino danni al committente;
- la responsabilità del committente per le variazioni che intende apportare ai lavori concordati, che non permettano all’appaltatore di eseguire le opere alla regola dell’arte;
- la responsabilità del committente per le variazioni necessarie che non intende far apportare, debitamente comunicate dall’appaltatore;
- la mancanza di responsabilità per i vizi dei materiali forniti dal committente: posto che l’appaltatore è tenuto a garantire l’esecuzione dei lavori alla regola dell’arte, è possibile escludere una propria responsabilità valutando preventivamente la qualità dei materiali forniti dal committente;
- la copertura assicurativa che possa coprire eventuali richieste di risarcimento danni al committente ovvero a terzi;
- le collaborazioni di terzi, in modo tale che non siano un ostacolo alla realizzazione dell’opera alla regola dell’arte per l’appaltatore (sia in caso di semplici collaborazioni esterne, sia in caso di subappalto di parte delle opere da realizzare);
- le comunicazioni relative all’esito dei collaudi: in caso di problemi riscontrati nel corso di prove e/o collaudi, il committente sarà tenuto a darne comunicazione per iscritto all’appaltatore;
- la mancata verifica dei lavori da parte del committente: è possibile prevedere che l’opera si intende accettata qualora il committente non provveda a fare le opportune verifiche in congrui termini;
- la direzione tecnica del cantiere affidata ad una persona di fiducia dell’appaltatore.
Questa breve panoramica è offerta al fine di valutare la complessità delle questioni che bisogna affrontare per arrivare ad ottenere una tutela adeguata ed efficace che possa prevenire conflitti tra il committente e l’appaltatore per problemi insorti successivamente alla realizzazione di nuove opere.