Il subentro nell’appalto: una nuova era per la tutela dei lavoratori?
L’art. 30 di detta legge ha modificato l’art. 29, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (la c.d. “Legge Biagi”) , che rappresenta la norma di riferimento nell’ambito della regolamentazione del regime della responsabilità solidale negli appalti e distingue l’ipotesi del semplice subentro di un nuovo appaltatore nell’appalto (c.d. “cambio appalto”) da quella, prevista dall’art. 2112, 4° comma cod. civ., in cui, a seguito di una cessione o un affitto di un ramo di azienda, il cedente stipuli con il cessionario un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di trasferimento.
In entrambi i casi ci troviamo in presenza di una forma di esternalizzazione dell’attività da parte dell’impresa committente, ma nella seconda– come noto – vi è un maggior grado di tutela per i lavoratori addetti all’appalto i quali, essendo stati trasferiti con il ramo d’azienda, hanno il diritto di passare alle dipendenze del cessionario/appaltatore senza soluzione di continuità e con mantenimento dei trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza (salvo l’effetto sostitutivo che si produce fra contratti collettivi del medesimo livello, qualora il cessionario/appaltatore applichi contratti collettivi differenti da quelli del cedente/committente).
Ebbene, fino all’entrata in vigore della nuova norma, il 3° comma dell’art. 29 della Legge Biagi prevedeva che “ l'acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d'appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda ” , escludendo così che si potessero applicare a tale ipotesi le conseguenze derivanti dalla diversa forma di esternalizzazione consistente nell’esternalizzazione ex art. 2112, 4° comma cod. civ. sopra descritte.
Dallo scorso 23 luglio, invece, il suddetto 3° comma è stato modificato nel senso che “ l'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa , in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, [solamente] ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa , non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda ”.
In altri termini, nei casi di cambio appalto l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 2112 cod. civ. è esclusa solamente qualora il nuovo appaltatore sia dotato di una propria struttura organizzativa ed operativa e siano presenti non ben precisati “ elementi di discontinuità che determinano una specifica identità d'impresa ”.
È evidente come, difettando i suddetti requisiti, in base alla nuova previsione dell’art. 30 della Legge 122/16, il nuovo appaltatore che subentra in un appalto con il committente non può assumere (anche solo alcuni dei) lavoratori occupati dal precedente appaltatore, procedendo sostanzialmente a delle assunzioni "ex novo" (e, quindi, con possibilità di ridefinizione autonoma di ogni aspetto del rapporto di lavoro), ma subentra in tutti i rapporti di lavoro che facevano capo al precedente appaltatore secondo le regole previste in caso di trasferimento d’azienda ex art. 2112 cod. civ., dovendo garantire al relativo personale la continuità del rapporto, l’anzianità di servizio, nonché i trattamenti retributivo e normativo in essere, rispondendo in via solidale con il precedente appaltatore per i crediti dei dipendenti esistenti al momento del trasferimento.
A tale ultimo proposito, occorrerà poi raccordare la nuova previsione con quella di cui all'art. 7 del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 (ossia il decreto attuativo della riforma del Jobs Act che ha introdotto il contratto a tutele crescenti) la quale statuisce che ai fini del calcolo delle indennità e degli importi previsti in caso di licenziamento illegittimo, l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendosi conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata, indipendentemente dal datore di lavoro formale.
Ma non basta.
Infatti, sulla base del nuovo comma 3 dell’art. 29 come modificato dalla Legge n. 122/2016, nel caso in cui il personale occupato presso il precedente appaltatore risulti eccedente e non integralmente assorbibile dal nuovo appaltatore che non sia dotato di una propria struttura organizzativa ed operativa e laddove non siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità d'impresa, il nuovo appaltatore subentrerà comunque in tutti i rapporti di lavoro per poi porre in essere iniziative di riduzione di personale, individuali o collettive, a seconda dell'entità dell’esubero.
È evidente come la recente modifica legislativa abbia un impatto notevolissimo sulla regolamentazione del cambio appalto.
Anzitutto, ci si chiede se i requisiti di esclusione dell’applicabilità dell’art. 2112 cod. civ. debbano ricorrere entrambi, come sembrerebbe da una prima lettura del testo, ovvero ne basti uno solo.
Poi, sarà necessario intendersi sul significato delle espressioni “ propria struttura organizzativa ed operativa ” e, soprattutto, “ elementi di discontinuità che determinano una specifica identità d'impresa ” : sul punto, è verosimile che le problematiche si verificheranno prevalentemente nel mondo cooperativo e nell’ambito degli appalti labour intensive , dove la struttura dell’appaltatore è rappresentata essenzialmente dalle persone e dove non di rado le cooperative che si susseguono nello stesso appalto nel corso del tempo non presentano particolari elementi di discontinuità l’una dall’altra. Inoltre, occorrerà stabilire se la presunzione di legge è assoluta o sia ammessa, come sarebbe quanto meno auspicabile, la prova contraria.
Infine, anche sotto il profilo procedurale la norma desta non pochi interrogativi. Ci si domanda, in particolare, se l’applicabilità dell’art. 2112 cod. civ. implichi anche l’attivazione del procedimento di consultazione sindacale previsto in caso di trasferimento d’azienda (o di un ramo di essa) dall’art. 47 della Legge 29 dicembre 1990, n. 428 e, in caso affermativo, come tale procedimento si coordini con quelli eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva (uno su tutti, l’art. 42-bis del CCNL – Testo Unico della Logistica).
Sono quindi evidenti le incertezze che la nuova disposizione, seppur nel meritevole tentativo di elevare il livello di tutela per i lavoratori contrastando il fenomeno dei cambi appalto fittizi, è destinata ad ingenerare in particolare proprio tra gli operatori del settore logistico.
Articolo scritto da Avv. Patrizia D’Ercole
Studio Legale Dramis Ammirati e Associati
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20122, Milano