di Enrico Pistone
La maggior parte delle aziende italiane impiegano le cooperative per la gestione dei propri magazzini. In esse i lavoratori spesso sono di origine straniera, perciò si pone il problema relativo alla lingua come da D.lgs 81/2008: art. 37
“Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”
e più precisamente il capo 13 dello stesso articolo 37 definisce:
“Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo”.
Se è vero che la formazione dei lavoratori è individuata come la prima manovra relativa alla prevenzione da parte delle aziende, una parte importante è la verifica da parte del Datore di Lavoro che i propri lavoratori siano in grado di capire, comprendere ed agire in modo corretto se stimolati in lingua italiana.
Diversamente il Datore di Lavoro è chiamato alla formazione dei lavoratori stranieri nella propria lingua madre, ed assicurarsi che, sul luogo di lavoro sia presente personale che sia in grado di comunicare nella lingua di origine del lavoratore straniero.
La corretta comunicazione tra le varie figure di lavoratori presenti in magazzino è fondamentale per garantire un processo aziendale sicuro. Il tutto parte dalla corretta formazione ed informazione dei lavoratori.
Partendo dal capo 4, il Decreto definisce che il contenuto dell’informazione dei lavoratori:
“deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”.
Se il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori e agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione delle competenze”, definizione data dal Legislatore per definire il concetto di formazione sui luoghi di lavoro, è indispensabile chiedersi come può definirsi efficace questa formazione ed informazione ai lavoratori.
Tutto corretto, il processo di formazione ed informazione deve essere “comprensibile” ai lavoratori, ma come trasferire un concetto ad un lavoratore in maniera efficace?
Un processo formativo può dirsi efficace quando tutto è finalizzato alla prevenzione degli infortuni sul lavoro in primis, ma anche per cercare di evitare malattie professionali ai lavoratori che potrebbero ovviamente condizionare la loro vita e la loro salute.
E’ opportuno considerare i requisiti minimi della formazione del personale sui luoghi di lavoro, ma è altrettanto importante e determinante approcciare i lavoratori in modo costruttivo in maniera che la formazione non sia solo un processo sterile, anonimo, privo di approfondimenti che non lascia tracce nel processo mentale e di approccio al lavoro del lavoratore immigrato (sia esso europeo oppure extracomunitario).
L’approccio alla formazione dei lavoratori immigrati è differente e bisognerebbe tenere conto delle caratteristiche culturali dei singoli lavoratori all’interno dell’azienda ma anche e soprattutto delle relative differenze culturali, linguistiche e le eventuali integrazioni tra le diverse culture dei lavoratori stessi nel caso di presenza, come spesso avviene, di lavoratori provenienti da diverse parti del mondo.
Una formazione efficace per un lavoratore, o meglio per un gruppo di lavoratori immigrati da una stessa nazione potrebbe non essere altrettanto efficace e coinvolgente per lavoratori immigrati da altre nazioni.
Sembra una situazione di secondaria importanza ma l’integrazione razziale tra il personale di magazzino di provenienza da nazioni diverse è una delle carte vincenti per evitare incidenti sul lavoro e, perché no, permettere al personale di magazzino di lavorare al meglio in piena autonomia rendendo il posto di lavoro un luogo amico e non ostile e nemico.
Per le aziende certificate secondo protocolli volontari ad esempio ISO 9001, è indispensabile il controllo preciso e puntuale del fornitore che procura i lavoratori da impiegare nel magazzino, azione decisiva per verificare se i lavoratori hanno ben compreso ed applicano correttamente nelle loro azioni giornaliere quanto appreso nel processo educativo della formazione, e nel caso si osservino delle situazioni non corrette provvedere ad un supplemento di addestramento dei lavoratori.
Uno dei motivi indispensabili per una corretta e completa comunicazione tra le parti migliora la vita in azienda, abbiamo detto, e inequivocabilmente mette il lavoratore di fronte ad una situazione di lavoro “tranquilla” che gli dà modo di evitare eventi spiacevoli, piccoli inconvenienti e infortuni sul lavoro che tante volte accadono e che si è portati a pensare che siano causati da una svariata serie di situazioni, quando invece la semplice ed efficace comunicazione è la sola e vera responsabile.
E’ altresì vero che molto spesso ai lavoratori stranieri vengono affidate mansioni la cui maggiore rischiosità rappresenta una delle caratteristiche principali dei lavori svolti, unitamente a questioni organizzative legate ad orari prolungati, turni con il minimo (e addirittura senza) riposo, lavoro continuo ad alta concentrazione o addirittura lavori troppo meccanici che non prevedono forme particolari di concentrazione e che alla fine arrivano ad essere sostanzialmente “routinari” ma è altrettanto vero che una buona parte degli infortuni sono dovuti a problemi di comprensione linguistica che generano a loro volta difficoltà, se non espresse in maniera chiara e comprensibile difficoltà di percezione del rischio con differenze notevoli fra le varie etnie.
Le difficoltà di formazione ed informazione dei lavoratori stranieri sfocia anche in una scarsa conoscenza dei propri diritti (anche quelli assicurativi tra gli altri) ed all’accettazione di lavori tra i più umili che un lavoratore italiano tende comunque a rifiutare.
In questo senso un ruolo fondamentale lo svolge il formatore. Il formatore è una figura assolutamente determinante nel processo di apprendimento dei vari argomenti, e diventa oltremodo indispensabile per cercare di capire se l’informazione è stata trasmessa nel modo più corretto e “comprensibile” possibile. L’obiettivo si puo’ dire raggiunto se il lavoratore straniero, la persona, ha inteso in forma ineccepibile e senza malintendimenti la formazione.
Ovviamente è anche importante cercare di coinvolgere adeguatamente durante la formazione tutti i lavoratori, ma questa è un argomento che sarà trattato a parte.